A cura di Federico Licastro
Ancora confinati dopo un’anno
Il 4 aprile 2021 abbiamo festeggiamo la Pasqua ancora semi segregati. Siamo ancora costretti in un confinamento temporaneo che ci priva di alcune libertà.
Il confinamento sociale è lo strumento che stiamo collettivamente utilizzando per contenere l’infezione del virus.
Non è certo uno strumento moderno, ma come sperimentiamo ormai da oltre un anno può efficacemente abbassare il numero di contagiati, soprattutto il numero di ricoveri ospedalieri e nelle unità di terapia intensiva e i decessi dei più fragili.
Nelle precedenti news abbiamo affrontato gli aspetti biologici ed economico-culturali che hanno causato la pandemia.
Il Covid 19 è anche un grande stress test che sta incrinando le debolezze del nostro sistema sociale, economico e politico ed è a sua volta stato generato dalle contraddizioni insite nello stile di vita prevalente e globalizzato assunto dalla specie umana.
Il welfare al tempo del Covid-19
Se leggiamo l’attuale pandemia anche come un test di prova per le nostre istituzioni politiche e sociali quali informazioni possiamo trarre dalla gestione di oltre un anno dell’infezione nel nostro paese?
Inizieremo con un’affermazione che forse darà fastidio. La pandemia ha mostrato che in Italia il sistema welfare debole e disarticolato.
Che cosa è un sistema di welfare?
E’ un insieme di istituzioni e istituti che sono deputati ad assicurare benessere e protezione alla popolazione.
Quindi, in epoca di pandemia il sistema di welfare deve affrontare alcune cose indispensabili:
1) proteggere dalla diffusione dell’infezione
2) proteggere i più fragili che possono ammalarsi gravemente e morire
3) curare e assistere in modo efficace chi si ammala e non solo di covid
4) assicurare proventi economici a quella parte della popolazione che necessita un aiuto a causa di interruzione di attività economiche.
Ad un anno dall’inizio della pandemia siamo ancora combattendo quella che alcuni definiscono seconda ondata di infezione con più di 25.000 infettati al giorno. Perciò la protezione contro la diffusione dell’infezione ha funzionato male come pure è stata molto carente la protezione dei più fragili
La mortalità in Italia è stata fra le più alte al mondo e piangiamo ormai oltre 110.000 morti. Fra questi la quasi totalità sono anziani oltre i 75 anni e fragili, cioè sofferenti di pregresse patologie croniche.
La gestione della pandemia
Le continue restrizioni alla circolazione e le conseguenti chiusure per interi settori economici ha determinato anche una crisi economica grave con ampliamento della povertà e delle diseguaglianze.
Sfortunatamente era prevedibile già un anno fa che se la gestione della pandemia non avesse trovato risposte immediate e innovative, ne avremmo subito le tragiche conseguenze.
Possiamo ammettere che la prima ondata ha preso il paese alla sprovvista, anche se sono stati compiuti numerosi errori e gravi inadempienze, soprattutto nei riguardi dei cittadini più esposti, quali anziani e persone con malattie croniche e invalidità.
Ciò che è davvero imperdonabile è però aver perso l’occasione di domare l’infezione durante l’estate. Un periodo cruciale con un numero molto basso di contagiati, ricoveri e decessi ottenuto anche a costo del duro lock down nei mesi di aprile-maggio 2020.
Ma le istituzioni sono state distratte dal periodo estivo e molti nel governo Conte II probabilmente pensavano che il peggio fosse alle spalle.
Così però non era e con la fine di settembre sono ripresi numerosi i contagi, le ospedalizzazioni e poi è salito anche il numero di decessi che si è attestato per mesi con una media grossolana superiore ai 500-600 decessi.
Poteva andare diversamente?
Ebbene sì, se avessimo studiato e compreso come altri paesi hanno affrontato la pandemia da Covid-19, contenuto i contagi e ridotto la mortalità a numeri bassissimi.
Tassi ti mortalità e gestione della pandemia in alcuni paesi
Infatti, se prendiamo come indice complessivo il tasso di mortalità per milione di abitanti si può vedere che vi sono numerosi paesi in cui questo indice è stato ed è tuttora molto basso.
In Italia, il tasso di mortalità per milione è di 1.583/milione uno dei più alti al mondo.
Si pensi che in USA il tasso e 1.226/milione, in UK è di 1.780/milione e la media europea è stata finora di 1.190/milione.
Tuttavia, anche in Europa vi sono paesi che hanno avuto numeri molto più contenuti. Ad esempio, la Grecia ha registrato 604 decessi/milione e Malta 689/milione.
Ma se estendiamo lo sguardo a livello planetario vediamo che ci sono paesi che hanno registrato tassi di mortalità molto bassi.
Prendendo in considerazione paesi paragonabili a quelli europei per cultura, si può vedere che l’Australia ha avuto un tasso di decessi molto basso, 36/milione, la Nuova Zelanda addirittura 5/milione.
Ci sono anche altri paesi in oriente che hanno registrato tassi di mortalità molto bassi. Ad esempio, la Corea del Sud ha registrato un tasso di 30decessi/milione, il Giappone 59/milione e la Cina dove tutto sembra aver avuto inizio, 3/milione!
Inoltre, a tassi di mortalità molto bassi si sono accompagnati restrizioni più brevi, ospedalizzazioni inferiori e danni economici contenuti.
Allora avere un tasso di morti anche 1.000 volte superiore ad altri paesi non può essere casuale e si devono ricercare le ragioni di tali strepitose differenze.
Affrontare la pandemia
Queste differenze si possono spiegare essenzialmente nel modo in cui si è affrontata la pandemia.
Paesi come la Corea del Sud o la Nuova Zelanda al nascere dei focolai di infezioni hanno delimitato le aree con zone rosse, attuato un tracciamento esaustivo dei contagi e ottenuto lo spegnimento del o dei focolai/i infettivi interrompendo così la circolazione del virus.
In Italia abbiamo sprecato l’occasione che ci si è presentata fra luglio e agosto quando il numero dei contagi, delle ospedalizzazioni e dei decessi si era molto ridotto. Quello era il momento di attuare una politica attiva di precedere il virus con tracciamenti diffusi e capillari, zone rosse dove necessario, distanziamento e quarantene mirate e scrupolose. Così non è stato per incapacità di visione e di programmazione sanitaria e ci siamo ritrovati a inseguire l’epidemia che già da settembre aveva ripreso vigore e che non si è più fermata, determinato un altissimo numero di malati e decessi che le nostre autorità non sono state capaci di evitare.
Presupposti indispensabili per ottenere risultati
Per ottenere risultati come quelli ottenuti in Sud Corea o Nuova Zelanda ci devono essere dei presupposti indispensabili:
1) competenza delle autorità politico sanitarie nella gestione dell’emergenza
2) fiducia della popolazione nelle misure che vengono attuate
3) approccio tecnologico evoluto per il tracciamento dei contagiati
4) isolamento, quarantena e distanziamento rigidamente rispettati nei momenti di manifestazione dei focolai infettivi.
I 4 punti riportati sono stati molto carenti in Italia determinando un prolungamento della pandemia, un elevatissimo costo in vite umane e sofferenze ed una pesante crisi economica.
Abbiamo condiviso questa situazione con quasi tutti i paesi UE, ma in questo caso non ci consola dire “mal comune mezzo gaudio”.
Complessivamente l’Europa ha mostrato e continua a mostrare gravi carenze nella gestione della pandemia. Inoltre, tali insufficienze si stanno manifestando adesso anche nella fase della lotta all’infezione tramite i vaccini disponibili.
Quindi, si deve concludere che in tutta Europa il sistema sanitario era debole e impreparato e in modo particolare lo era in Italia. Si potrà rimediare alla situazione attuale e in prospettiva alle minacce future solo rinforzandolo.
L’urgenza di un cambio di passo
Infatti, si deve investire da subito di più in cura e prevenzione, in tecnologie moderne, svecchiando le classi dirigenti con entrata massiva di giovani con una mentalità aperta e comunque diversa.
Per restringere il panorama all’Italia, la nostra classe dirigente politico, economica industriale e finanziaria si è dimostrata impreparata e non all’altezza della situazione di emergenza e andrebbe sostanzialmente sostituita rapidamente con persone più preparate e attente ai bisogni dei cittadini.
Questo è un obbiettivo urgente, perché dal rinnovamento culturale dipenderà non solo l’uscita dalla pandemia con una campagna vaccinale rapida e ben distribuita sul territorio nazionale, ma anche l’applicazione del piano Next Generation UE da cui dipenderà la ripresa sociale ed economica del nostro paese.
Sfortunatamente i rappresentanti nelle istituzioni politiche non sembrano avere la consapevolezza delle loro responsabilità, mancanze e impreparazione e si ostacola il ricambio anche rinviando le elezioni.
I partiti non sembrano capaci di rinnovarsi e proporre vie d’uscita dalla crisi che stiamo vivendo, ma sembrano ancora preoccupati soprattutto di gestire un presunto consenso.
Tuttavia, molti di essi si ritroveranno a gestire invece un profondo e rancoroso dissenso.
Per approfondire:
1 riflessioni pandemiche: https://www.cittadinanzattiva-er.it/1-riflessioni-pandemiche/
2 riflessioni pandemiche: https://www.cittadinanzattiva-er.it/2-riflessioni-pandemiche/
3 riflessioni pandemiche: https://www.cittadinanzattiva-er.it/3-riflessioni-pandemiche/
4 riflessioni pandemiche: https://www.cittadinanzattiva-er.it/4-riflessioni-pandemiche/
5 riflessioni pandemiche: https://www.cittadinanzattiva-er.it/5-riflessioni-pandemiche/
La scuola italiana non riapre e il futuro è solo oggi:https://www.cittadinanzattiva-er.it/la-scuola-italiana-non-riapre-e-il-futuro-e-solo-oggi/
La ricerca universitaria durante la pandemia in Italia:https://www.cittadinanzattiva-er.it/la-ricerca-universitaria-durante-la-pandemia-in-italia/
Per una scuola sicura innovata cittadinanzattiva emilia romagna si mobilita: https://www.cittadinanzattiva-er.it/per-una-scuola-sicura-rinnovata-cittadinanzattiva-emilia-romagna-si-mobilita/
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