A cura di Aurelia Delfino
Si può “parlare” di danza?
“Parlare di musica è come ballare di architettura” ha detto una volta Frank Zappa prima di cominciare un’intervista.
Il senso della battuta è chiaro: la musica si fa e tutto il resto è chiacchiera.
Prendo in prestito questa battuta per ripercorrere questo periodo un po’ surreale, un periodo che ci ha portati a usare degli strumenti pensati per parlare, come le video chat, anche per danzare.
Da 5 anni mi guadagno da vivere con la danza creativa: sono cioè, come la Regione Lombardia riconosce, un’educatrice, operatrice di danza creativa e normalmente lavoro nelle RSA, nei centri diurni per disabili, nelle scuole e in altre realtà associative sul territorio.
Tra queste ultime, a Sesto S. Giovanni mi hanno accolta realtà come il Cespi -Centro Studi Problemi Internazionali– dove l’anno scorso ho avuto il piacere di condurre un ciclo d’incontri di danza con gli allievi migranti della scuola d’italiano.
La danza come linguaggio che “modifica” la mente
Incontrarsi attraverso la danza è un’occasione per comunicare anche quando le parole non aiutano.
La danza, infatti, è un linguaggio del corpo universale che va oltre la lingua parlata e ne supera i limiti. È un’attività che l’uomo spontaneamente ha praticato fin dalla notte dei tempi, ricercando, anche con piccoli gesti, quell’armonia di corpo e mente che racconta semplicemente la gioia di vivere.
È una forma di espressione libera che non ha bisogno di teatri o piste da ballo e che ci può prendere in qualsiasi luogo e momento della giornata.
Questa pratica oggi, in alcuni paesi, viene chiamata anche danza terapia.
La parola terapia può indicare un percorso profondo e lungo. Ma questo tipo di danza ha pensato di poterla prendere in prestito sulla base di un assunto semplice. Infatti, se è vero che la mente può essere così potente da trasformare il nostro corpo (quando siamo giù di morale, anche il fisico lo dice) possiamo affermare che succede anche il contrario: che il corpo influisce sulla mente. Questa doppia influenza reciproca, credo sia stata vista con più chiarezza da tutti, proprio in questi giorni di quarantena. Così in questo tempo improvvisamente fermo e vuoto, mi è venuto spontaneo pensare di offrire un momento di meditazione, attraverso il corpo-mente danzante.
La danza in una stanza
È bastato un messaggio su un aggeggio elettronico e l’invito si è diffuso come un virus benefico che ci aiuta a muoverci comunque, anche stretti in una stanza, tra le quattro mura di casa. Gli ostacoli non sono pochi, ma il più comune che incontro di solito è già superato. Il fatto di essersi adattati ai mezzi informatici, arrampicandoci per siti sconosciuti, dribblando connessioni a singhiozzo, dichiarava già nettamente la voglia di farlo, di danzare. Come avrebbe detto Zappa: niente chiacchiere, si danza. Ed è proprio così perché il metodo che usiamo si basa sulla convinzione che la danza sia già dentro ciascuno di noi, e che si tratti solo di farla uscire, liberarla.
La forma quadrata si può “curvare”
La danza creativa si impernia infatti su un gioco tra corpo e mente, che consiste nel trasformare i limiti in nuove possibilità.
Un grande limite oggettivo che abbiamo incontrato in questi giorni è lo stesso che sto fissando in questo momento mentre scrivo sullo schermo rettangolare di un computer.
Lo spazio dato dai mezzi informatici è squadrato, mentre un breve esame della nostra “casa” di sempre, cioè il nostro corpo, dice che l’uomo è tendenzialmente fatto di curve, di rotondità.
Tornando quindi alla battuta di Frank Zappa, possiamo dire davvero di aver ballato le architetture concesse in questo momento, tutte squadrate come i muri di casa, e di averle trasformate, scoprendo come, anche due sole dimensioni possono essere moltiplicate dalle tante sfumature della nostra fantasia danzante. Così liberare le nostre naturali rotondità con la danza è stato un modo di evadere, anche senza uscire, dalle regole di movimento che una stanza squadrata, come quasi tutti gli ambienti costruiti ci impongono, purtroppo, sempre.
Questa esperienza mi ha dimostrato che anche se tutto cambia intorno a noi, qualcosa rimane e rimane nella sua energia originaria, trasformativa.
È il corpo, che quando si libera nella danza, attività apparentemente senza scopo preciso, è in grado di dare anche ai limiti la forma nuova delle possibilità.
Foto di Ahmad Odeh, Unsplash