Cittadinanzattiva Emilia Romagna presenta oggi la ricerca “Il giusto ritmo del cuore”. Giudizio positivo dei pazienti, ma necessario garantire omogeneità di cura sull’intero territorio regionale e una maggiore integrazione tra medico di famiglia e specialista. 

Cosa succede ad una persona che ha avuto un infarto miocardico acuto quando, finito l’anno di cure, si ritrova a dover affrontare da solo i controlli di una malattia che da acuta è diventata cronica?

Quali sono i controlli programmati o i percorsi di cura in cui queste persone possono essere introdotte?

Il giusto ritmo del cuore è una indagine civica realizzata da Cittadinanzattiva Emilia Romagna sulla presa in carico di persone che hanno avuto un infarto miocardico acuto nel biennio 2016-2018 e che prova a dare una risposta proprio a queste domande. 

Il progetto si è concretizzato in incontri territoriali di sensibilizzazione e con la somministrazione di due diverse survey: una alle persone che hanno avuto un IMA, una ai medici di medicina generale che hanno seguito persone con IMA nel biennio preso in esame.

Dalle risposte delle persone malate emerge che in Emilia Romagna il percorso di cura è buono e proprio in virtù di questo i risultati ottenuti sono soddisfacenti: il 70% considera esaustiva la lettera di dimissione e il 78% ha espresso giudizio positivo sulla presa in carico post dimissione.  Positivo è anche il giudizio sulle case della salute, per il 39% degli intervistati sono ottime, e per il 53% sono buone. Ottimo il giudizio sulle informazioni ricevute durante il ricovero, per il 79% è molto positivo e per il 21% abbastanza positivo. 

Dal canto loro i medici di medicina generale presidiano il decorso post IMA in un’ottica di prevenzione secondaria monitorando la pressione arteriosa (98%), controllando l’adozione di un corretto stile di vita (73%), cercando di coinvolgere i familiari (80%).

Così seguiti i pazienti dichiarano di rispettare la terapia con costanza nell’82% dei casi, si sottopongono a visite di controllo (78%), eseguono gli esami prescritti (73%), seguono una dieta equilibrata (57%), svolgono attività fisica (54%), monitorano la pressione (51%). 

Solo il 16%, però, ha smesso di fumare.

Esistono comunque, secondo Cittadinanzattiva Emilia Romagna, margini di miglioramento in questo percorso di cura: 

  Maggiore integrazione tra il medico di medicina generale e lo specialista: il 40% dei medici e il 52% dei pazienti dichiara che l’interazione avviene tramite la persona malata.

– Calendarizzazione delle visite e degli esami e introduzione di un percorso di cura standardizzato e omogeneo su tutto il territorio regionale.

Garantire offerta degli gli stessi servizi di assistenza in fase acuta (nell’ospedale) e in fase cronica (sul territorio).

– Prevedere PDTA personalizzati.

– Prestare particolare attenzione alle persone che vivono nelle aree interne e coinvolgere le farmacie per facilitare i controlli. 

 

 


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