di Paola Cuzzani
Condividere, un termine molto usato e a volte anche abusato ma ora che siamo necessariamente in casa credo che dobbiamo riscoprire questo verbo e riflettere un po’ su come potremmo utilizzarlo per non sentirci soli o distanziati socialmente, come si dice in questo periodo.
Il distanziamento sociale cos’è se non lo stare da soli senza poter godere della vicinanza dell’altro, parente, amico, conoscente, vicino di casa? Ci restano i social, le chat, i libri da leggere, la musica da ascoltare, i manicaretti da preparare e poi?
Ecco io che sono in casa senza nessuno fisicamente vicino, ma con tante presenze, vere e ricordate, ho pensato ad un mezzo per comunicare con gli altri, un mezzo vecchio ed attuale al contempo: il telefono (evviva Meucci che ha inventato il telettrofono anche se il brevetto fu intestato ufficialmente a A.G. Bell), ma questa è un’altra storia che a noi ora non importa molto.
Ebbene il telefono che ci ha sempre permesso il famoso “colpo di telefono” credo vada ripristinato proprio in questa veste e con questa funzione, diamoci tanti colpi di telefono, parliamo fra di noi, con amici, anche con quelli che non sentiamo da tempo, con conoscenti, con parenti, anche quelli un po’ sordi o che non sentiamo da tempo perché non avevamo tempo, oppure perché … ma è tanto che non ci sentiamo e allora cosa gli o le dico?
Conversiamo direttamente con le parole dette e non solo con quelle scritte, esprimiamo le nostre emozioni non nascondendoci dietro alle faccine. Lo so che non si chiamano così, ma credo che questo termine possa essere compreso da tutti.
Le emozioni dicevo, si le emozioni delle quali non dobbiamo vergognarci, se abbiamo paura o anche solo timore, in e di questo momento, comunichiamolo perché dicendolo all’amico, lo diciamo a noi stessi e quella paura esce, assume un volto, una dimensione e forse si rimpicciolisce o forse riusciamo a comprenderla meglio e ad accettarla.
Parliamo di quello che facciamo durante il giorno, come abbiamo organizzato la nostra giornata, anche negli aspetti più banali e forse scopriremo che banali non sono. Parliamo di ricordi, di aspettative, di speranza, di cosa faremo dopo, perché un dopo ci sarà e dovremo costruirlo insieme anche con questi rapporti di nuovo intrecciati.
Condividiamo le letture che stiamo facendo, le trasmissioni radio-televisive che ci stanno interessando, diventiamo un po’ quello che una volta era “sorrisi e canzoni?”, vado a memoria, era in quel settimanale che c’era il palinsesto delle trasmissioni radiotelevisive?
Io lo sto facendo anche con persone più giovani di me che percepisco un po’ in difficoltà, ma non solo, lo faccio anche per mantenere viva la relazione che c’era prima di questo necessario distanziamento sociale, lo faccio perché l’essere umano è sociale se non ha fatto altre scelte, condivisibili, di vita, lo faccio per aiutare e per aiutarmi a vivere questa esperienza in modo attivo e “dinamico” anziché lasciarmi invadere dal sentimento della sopravvivenza e dell’indolenza.
Lessi durante la mia giovinezza un romanzo che mi colpì moltissimo “Oblomov di I. A. Goncarov”, bello e inquietante, la riflessione estatica ci può aiutare, ma forse in questo momento abbiamo bisogno anche e soprattutto di relazione, di dire e di ascoltare parole, di ridere insieme a chi sta all’altro capo del telefono (come si diceva una volta), ridere di sciocchezze, di quelle buffe cose che ci siamo inventate per far passare il tempo.
Credo fermamente che questa esperienza faticosa di distanziamento sociale non debba trasformarsi in solitudine o isolamento sociale. Non possiamo permettercelo, per i nostri figli, i nipoti, gli amici, le persone fragili, per tutte le persone che amiamo o che abbiamo amato e che ora ci hanno lasciato e soprattutto per noi e per il dono che la vita ogni giorno ci fa, lasciandoci sani e con una grande voglia di ricominciare.
Cosa ne dite? Se ognuno di noi pensasse a chi potrebbe sentire o risentire telefonicamente, forse si attiverebbe un processo relazionale, una rete sorprendente di voci o anche di silenzi vicini ed accoglienti.
Vogliamo provarci?
Foto di Stefan Kuhn da Pixabay