di Oreste Pagliari*

Premesse
La Legge Fallimentare prevede che possa fallire chi “svolge un’attività commerciale”, sono quindi esclusi, oltre alle imprese sottoposte a speciali procedure concorsuali (v. ad esempio il caso Parmalat), gli enti pubblici, gli imprenditori agricoli e, come noto a tutti, i consumatori.
La norma, inoltre, prevede che non siano soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori “commerciali” i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.
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La legge 27 Gennaio 2012, n. 3 (chiamata “legge salva suicidi”), invece, disciplina le situazioni di sovraindebitamento dei soggetti non fallibili.
I soggetti non fallibili e cioè, come abbiamo visto, i privati consumatori (vale a dire, soggetti che non svolgono, ne hanno mai svolto, attività professionale o imprenditoriale; oppure soggetti che svolgono tali attività, ma che hanno assunto debiti soltanto per scopi estranei a essa) e gli enti e le imprese che sono esclusi dalle previsioni della Legge Fallimentare (enti che non svolgono attività commerciale, quali gli imprenditori agricoli, e soggetti sotto soglia).

La Legge prevede due procedure che consentono di non liquidare l’intero patrimonio del debitore:
a) il piano del consumatore, ovvero una proposta formulata dal debitore che sia consumatore, di pagamento rateizzato dei propri debiti, con, eventualmente, uno stralcio dei debiti stessi. Il piano deve essere approvato dal Tribunale.
b) l’accordo del debitore, che può essere presentato da enti e imprese non
fallibili. L’accordo deve essere accettato da tanti creditori che rappresentino il 60% di tutti i debiti del soggetto. Non decide soltanto il Giudice, ma votano i creditori.

Infine, la Legge n. 3/2012 contempla una procedura che prevede la liquidazione del patrimonio del debitore. Con la liquidazione del patrimonio, il debitore (privato o soggetto non fallibile) mette a disposizione tutto il suo patrimonio per il pagamento dei suoi debiti. Un liquidatore nominato dal Tribunale provvederà a vendere i suoi beni e pagare, pro-quota, i creditori. In questo caso, il debitore perde tutti i suoi beni, salvo quelli (compreso i crediti) che, per semplicità, potremmo definire necessari al mantenimento suo e della sua famiglia.

Parliamo quindi di una legge che:
a) non cancella i debiti, ma che consente al debitore di farvi fronte in modo coerente con le proprie risorse, sollevandolo dalla pressione psicologica che il sovraindebitamento crea, ma tendendo anche a garantire ai creditori la migliore soddisfazione possibile;
b) non è uno strumento per contrastare le azioni esecutive dei creditori, nemmeno quelle di Equitalia. Nel senso che le può interrompere, ma, alla condizione che il debitore pianifichi la propria gestione finanziaria, in modo coerente con la propria situazione debitoria;
c) non può essere utilizzata da chi non ha un patrimonio e/o un reddito, anche piccolo, con il quale fronteggiare la propria situazione debitoria. In alternativa, occorre che un terzo, solvibile, si impegni a finanziare e garantire il debitore.
Se l’imprenditore dopo il fallimento può ottenere una sorta di “riabilitazione” e ricominciare da capo, il consumatore (ossia la persona fisica non titolare di attività economica) e gli altri soggetti che non possono essere dichiarati falliti si trascinano i debiti.

Con la legge sul sovraindebitamento, anche tali soggetti hanno la possibilità di iniziare una seconda vita.
I soggetti che intendono avvalersi della procedura devono depositare la proposta di accordo o di piano o di liquidazione presso la cancelleria del Tribunale territorialmente competente in ragione del luogo di residenza o della sede principale dell’impresa.

*Oreste Pagliari è avvocato e svolge la sua attività a Parma


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