A cura di Massimo Ripa
Giorgio ha circa 22 anni, Mia poco più di 18. La loro è una storia di ospedalizzazione domiciliare, da quando sono nati.
Una giornata qualunque di un caregiver
Ogni giorno dalle 12 alle 16 ore i ragazzi sono entrambi a letto in ventilazione meccanica assistita, attaccati a una macchina, gestita da un computer, che pompa aria in continuazione, aiutandoli a respirare, con un particolare problema perché se la maschera è troppo stretta provoca arrossamenti, o peggio piaghe sul naso, sulle guance e sulla fronte, e se è troppo larga produce raffreddamenti facciali, oltre che perdite di pressione che riducono l’efficacia della ventilazione e fanno suonare l’allarme in modo martellante.
Se il fornelletto che umidifica il circuito funziona male o è finita l’acqua sterile che lo alimenta senza che nessuno si sia accorto, arriva aria fredda e di nuovo si rischiano raffreddamenti che possono vanificare tutti i benefici della ventilazione assistita rendendola paradossalmente dannosa.
Mentre sono in ventilazione assistita c’è da gestire anche la postura, che la loro importante rotoscoliosi rende ancora più problematica: basta una maglietta messa male o una traversa piegata o la posizione sbagliata del tronco o delle braccia a compromettere la capacità respiratoria dei polmoni, già parzialmente chiusi.
Piangere è un lusso che non si possono permettere, e quando capita, rischiano la vita.
Le continue attenzioni richieste
Ogni giorno si ripete questa routine con i medesimi rischi: spesso non c’è l’infermiere o capita che non ce la facciamo neanche noi caregiver che pure affrontiamo queste situazioni da circa 20 anni o talvolta quello che manca è la lucidità per vedere le cose da fare o gestire al meglio, quando la stanchezza sovrasta l’amore.
Ci sono poi le manovre da eseguire durante l’igiene personale: il posizionamento del busto e delle relative spinte, esigono una delicatezza tutta particolare e occorre fare attenzione a non stringere con forza le prese, a usare particolari accorgimenti durante rotazioni e inclinazioni per evitare di procurare lesioni, slogature, strappi, fratture o compromissioni respiratorie da compressione del torace, ad esempio, o per il collo troppo in estensione o viceversa incassato.
E non è finita qui: ci sono anche le retrazioni tendinee, le lussazioni, sublussazioni, l’osteoporosi di fondo e bisogna cercare in tutti i modi di supportare quel poco di funzionalità motoria residua, sia in carrozzina che a letto con la fisioterapia, i massaggi, le sistemazioni posturali con brevi e frequenti spostamenti degli arti, del collo e della testa per alleggerire dolore, scomodità o disagio ed evitare piaghe da decubito oltre che permettere loro piccoli movimenti o ripristinare le posizioni favorevoli che avevano trovato temporaneamente prima di cambiare postura per stanchezza o forza di gravità.
Entrambi, ma soprattutto M…, hanno frequente necessità di aspirare le secrezioni, sia in carrozzina che a letto, sia di giorno che di notte; abbiamo tre aspiratori sempre in attività e uno di riserva.
In carrozzina
Quando si tratta di trasferirli dal letto alla carrozzina arrivano le complicate, delicatissime operazioni di sistemazione posturale che facciamo in tre-quattro persone: se ne sbagli una si ricomincia da capo o – peggio – si torna in ventilazione, a letto, a recuperare la capacità respiratoria persa con le manovre sbagliate e comunque affaticanti per il loro delicato equilibrio vitale.
Solo chi ha potuto assistere almeno una volta al modo in cui le facciamo per 20/40 minuti per ciascuno, può rendersi conto della estrema fragilità con cui abbiamo a che fare tutti i giorni con particolari e delicatissime manovre per sistemare cuscini, controcuscini e bustino statico.
Ma poi – quando non ci sono crisi che li tengono a letto tutto il giorno c’è la festa quotidiana per essere riusciti ancora una volta a staccarsi dal ventilatore e arrivare in carrozzina al proprio computer in salone.
Di solito M… arriva un’oretta dopo B…, perchè normalmente quando finiamo le operazioni con lui si comincia con lei: allora si riapre il dialogo tra fratelli, che continuano a punzecchiarsi e a scambiarsi le suggestioni, le emozioni, tutte le cose che hanno da dirsi i ragazzi della loro età; e questa volta, finalmente, senza dover combattere con una macchina che ostacola le parole.
Durante tutto il pomeriggio, permangono i problemi posturali e le varie piccole grandi esigenze di chi non può muoversi neanche per grattarsi la testa, con le posture ancora estremamente precarie e sottoposte a continui assestamenti per cercare di mantenere un minimo di stabilità, neanche a parlare di “comodità”, con tutte le complicazioni respiratorie sempre in agguato; ogni tanto è necessario farli uscire dalla postazione per risistemare la postura basculando la carrozzina, togliendo e rimettendo il bustino statico e tutti i cuscini e contro cuscini che contribuiscono a determinare l’assetto posturale standard.
Oppure si torna in camera da letto in ventilazione assistita per qualche minuto o forse un’oretta, magari senza tornare proprio a letto, attaccandogli il tubo e la maschera mentre sono ancora in carrozzina accanto al letto e, di solito, aspirando le secrezioni in contemporanea: con una mano il sondino e con l’altra qualche manovra respiratoria o la sistemazione del circuito ventilatorio.
Attività collaterali alla cura
Riuscire a mantenere scorte sufficienti di sondini per l’aspirazione è solo uno dei problemi logistici da gestire, forse uno dei più delicati, perchè certe volte non si capisce bene quanti ne possono servire in una sola giornata: 50, 100, 200? M… è un soggetto allergico e, alla sua sinusite cronica, ai problemi di deglutizione e alla precaria capacità respiratoria, si sommano anche quelli legati a cause di tipo allergico.
Ma ci sono anche i ricambi per gli aspiratori, per i circuiti di ventilazione, i filtri, le placche medicali che utilizziamo per ridurre le possibilità che le maschere producano piaghe durante la ventilazione, tutta la questione dei farmaci per le terapie e dei presìdi per la gestione quotidiana, come le siringhe, i guanti, le creme, il cortisone da utilizzare quando ci sono crisi respiratorie importanti, le sacche di acqua sterile per l’umidificazione dei circuiti di ventilazione, e tante altre cose che arrivano, fortunatamente, quasi tutte dalla Asl, in varie modalità, ma vanno richieste per tempo, ogni mese per la maggior parte dei casi, e occorre trovare anche il tempo e la lucidità necessarie per farlo.
E ogni mese, generalmente, vanno anche messe in carica le varie apparecchiature, per non far scaricare le batterie:i saturimetri, i capnografi, le batterie di ricambio per la ventilazione assistita; vanno anche cambiati mensilmente i circuiti di ventilazione alternando a rotazione i ventilatori di riserva per fare in modo che siano sempre tutti pronti all’uso, quelli per la “macchina della tosse” per la ginnastica respiratoria quotidiana o la disostruzione bronchiale, quando capita, le vaschette degli aspiratori, ….
E poi il ricambio delle bombole di ossigeno liquido che utilizziamo all’occorrenza, perché ogni tanto capita che la ventilazione meccanica non sia sufficiente a mantenere una saturazione accettabile e ci vuole l’aggiunta di un po’ di ossigeno.
Inoltre per B…, da qualche anno, si sono aggiunti anche i materiali e le scorte per la nutrizione enterale
Non solo “gestione ordinaria”
In caso di urgenza/emergenza/crisi, il quadro si sconvolge completamente e le competenze per affrontarle devono essere da infermiere di sala rianimazione, oppure si prende la valigia e si corre in ospedale.
Ogni tanto uno dei due interrompe una conversazione per chiedere di farsi aprire il polmone e quando ce la facciamo noi caregiver va tutto bene, in caso contrario ci vuole il fisioterapista, uno bravo però perchè non tutti sono in grado, e dobbiamo sperare che si arrivi senza troppi danni al momento in cui qualcuno ci possa aiutare.
Talvolta i ragazzi fanno pure finta di niente, per non dover subire ulteriori limitazioni alla loro già così compromessa “libertà”.
La forza di reagire
Mentre sono in ventilazione assistita e svegli tutti e due, invece di stare zitti, alla faccia di tutti i problemi da gestire, hanno imparato a tirar fuori tutta la forza e l’equilibrio necessari per gestire la precaria e fragilissima fonetica, ostacolata dalla macchina che pompa aria in continuazione e sono diventati bravi a emettere i suoni tra un respiro forzato e l’altro, facendosi capire, magari ripetendo le parole quando occorre.
E’ un suono un po’ metallico, inizialmente può fare una certa impressione, ma è bellissimo sentirli dialogare animatamente…
Si entusiasmano con le canzoni giapponesi che ascoltano in continuazione: le cantano a memoria – uno comincia e l’altra continua, anche con la maschera attaccata: è spettacoloso. Sono visibilmente emozionati da semplici notizie come quella del doppiatore o della doppiatrice giapponese che interpreterà quel determinato personaggio nell’ultima stagione della serie Anime preferita, o che compie gli anni in quel determinato giorno.
Gli si legge negli occhi, resi ancora più grandi ed espressivi dal contrasto con la maschera che sta in mezzo, una gioia pura che trasforma anche i passaggi più complicati in attimi di tenerezza infinita da custodire nel cuore per tirarli fuori quando serviranno nei momenti di maggior sofferenza.
B….. chiede consigli alla sorella su come rispondere alla “collega” adattatrice/dialoghista di Milano che gli sta proponendo di aiutarla nella traduzione di una nuova serie giapponese come favore personale, perché non c’è un budget da dividere… M…. chiede a B… che nome dare al nuovo personaggio del suo fumetto di cui sta ancora costruendo le fattezze grafiche e le caratteristiche di personalità.
Papà, quando andiamo in Giappone…?
Entrambi mantengono un entusiasmo sconvolgente, anomalo, miracoloso, considerato la vita che fanno, spezzato solo dai problemi che di tanto in tanto riaffiorano: le difficoltà di utilizzare i mouse del loro computer “mi sposti la mano…, mi avvicini il mouse…, spostami il braccio… mi fa male la schiena…, mettimi un cuscino sotto il collo…”.
B…, che si nutre tramite PEG, spesso ama ricordare ad amici e parenti che può fare a meno di perdere tempo con i pasti, potendosi, dovendosi nutrire attraverso la sua “comoda” PEG, durante la notte, con un tubicino, anche quello alimentato da una pompa meccanica, che gli manda un pappone alimentare direttamente nello stomaco: lo consiglia vivamente a tutti perchè fa risparmiare un sacco di tempo che si può dedicare a cose più importanti.
Lui infatti può continuare a perfezionare il suo giapponese o dedicarsi ad uno dei suoi obiettivi: collaborare professionalmente con aziende che si occupano della “localizzazione” di audiovisivi (traduzione, adattamento e doppiaggio).
Ha già iniziato a farlo da qualche mese, come apprendista adattatore/dialoghista/traduttore. Ma uno dei motivi principali per cui ha studiato e continua a studiare il giapponese, è dare dignità e promuovere in Italia la cultura del Sol Levante, perseguendo tra i suoi obiettivi personali, quello di fare in modo che alcune tra le più significative espressioni semantiche giapponesi, diventino non traducibili, come accade già per tante espressioni anglosassoni.
“Papà, quando andiamo in Giappone…?”
Il bicchiere mezzo pieno
Una cosa per niente scontata, in tutto questo, è la solidarietà che ci supporta di continuo: la sperimentiamo da anni, tutti i giorni, ed è uno dei miracoli di questa storia.
Ci sarebbero tantissime altre cose da condividere, per esempio il fatto non banale che viviamo quasi sempre contornati da infermieri, fisioterapisti, assistenti, medici,… che è una fortuna non da poco anche se non sempre è facile per noi, come singoli e come famiglia, riuscire a gestire nel modo migliore tutta questa folla, in casa.
Ma quello che mi sento di comunicare con più forza è la tenace voglia di vivere che i nostri ragazzi hanno e che trasmettono a tutti coloro che hanno modo di conoscerli.
La consapevolezza riguardo alla loro situazione è “piena”, vissuta sulla loro pelle fin da quando erano piccoli, a forza di sofferenze, rinunce, ma anche di pregiudizi subiti.
Ed è forse questo il dato più sorprendente, nel senso che la loro risposta a ciò che gli è capitato, dimostra una capacità di accettazione, adattamento e valorizzazione delle proprie risorse straordinaria.
Da ultimo, non mi sembra giusto tenerci il bello di questa storia solo per noi anche se la riservatezza finora ci ha un po’ frenato; credo sia nostro dovere di genitori favorire un sano contagio di tutto questo genuino e sorprendente attaccamento alla vita.
Per approfondire
Cittadinanzattiva Emilia Romagna, Articoli Caregiver:
Carta delle priorità del caregiver: https://www.cittadinanzattiva-er.it/carta-delle-priorita-del-caregiver/
Caregiver: https://www.cittadinanzattiva-er.it/category/caregiver/