a cura di Maria Vaccari, presidente Associazione “Gli amici di Luca odv

Gli strumenti per un’efficace presa in carico: informazione e coinvolgimento della famiglia

Nel percorso terapeutico assistenziale rivolto alla persona con Grave Cerebrolesione Acquisita – GCA l’intero sistema famiglia è profondamente coinvolto.

Come sottolineato nella 1^Conferenza Nazionale di Consenso delle associazioni dei familiari del 2012, “Gli strumenti imprescindibili per un’efficace presa in carico sono l’informazione ed il coinvolgimento attivo della famiglia /caregiver”.

Ricevere informazioni su quanto sta accadendo e sui percorsi che vengono attivati in itinere permette al familiare di:

  • comprendere e gestire in maniera più adeguata l’evento traumatico e le sue conseguenze
  • raggiungere una maggior consapevolezza
  • attivare le risorse personali, familiari e sociali più pertinenti
  • intraprendere un percorso costruttivo di elaborazione emotiva e cognitiva e, di  conseguenza
  • attivare un aiuto più efficace per se stesso e per la persona malata.
Sostenere e riconoscere il caregiver

Il caregiver familiare è definito, a livello normativo (Legge Regionale n.2 del 2014, “Norme per il riconoscimento e il sostegno del caregiver famigliare”, Linee Attuative, emanate dalla Regione Emilia-Romagna.), come “la persona che volontariamente, in modo gratuito e responsabile, si prende cura nell’ambito del piano assistenziale individualizzato (PAI) di una persona  in condizioni di non autosufficienza o comunque di necessità di ausilio di lunga durata, non in grado di prendersi cura di sé”.

In rete per tutelare la dignità, la libertà e i diritti

In merito al complesso ruolo del caregiver,  le associazioni dei familiari  di persone con gravi cerebrolesioni acquisite, riunite nei coordinamenti nazionali: “La RETE – Associazioni Riunite per il Trauma Cranico e le Gravi Cerebrolesioni Acquisite” e la “Federazione Nazionale Associazioni Trauma Cranico” (FNATC), al fine di tutelare la dignità, la libertà e i diritti dei caregiver che assistono persone con gravi patologie e disabilità conseguenti a un danno cerebrale, in sintonia con gli operatori sanitari in un percorso di alleanza terapeutica, hanno concordato alcuni punti.

Garantire la salute psico-fisica 

Per  consentire al caregiver di svolgere il proprio compito in modo efficace e non lesivo della salute psico-fisica, occorre si sviluppino pratiche precise che identifichino i ruoli, ne definiscano le funzioni  e ne salvaguardino i diritti:

– favorire il coinvolgimento attivo, la formazione, ma soprattutto il riconoscimento formale del ruolo e delle competenze del caregiver come attore indispensabile, a 360 gradi, all’interno della rete del percorso di cura e assistenza.

– fornire sostegno psicologico e economico a chi si prende cura di  persone che presentano gravi patologie con  disabilità cognitivo-comportamentale-motoria residua e persistente, senza limite di età

– favorire un inquadramento del caregiver come lavoratore, considerando che si tratta di svolgere un lavoro ‘usurante’

– consentire al caregiver la possibilità di periodi di sollievo

– favorire le attività di un “tavolo di lavoro” con la rappresentanza  del ministero, delle associazioni dei familiari, di tutte le figure professionali coinvolte nel percorso di cura.

Coinvolgere il caregiver nei PAI

Si fa riferimento pertanto a un coinvolgimento attivo del caregiver nella definizione dei Piani Assistenziali Individuali, nella partecipazione ad iniziative di informazione, formazione e aggiornamento, di promozione dell’empowerment di pazienti e familiari attraverso l’Auto Mutuo Aiuto, di prevenzione e promozione della salute, di misure di sostegno concreto a livello sociale e lavorativo.

L’attenzione all’addestramento 

Nel percorso di addestramento del caregiver, i ruoli dei diversi professionisti vengono declinati a seconda delle competenze specifiche e specialistiche di ciascuno:

– gli operatori sanitari devono avere il tempo necessario per garantire gli incontri con i caregiver

– le informazioni vengono date in un linguaggio adeguato, chiaro e comprensibile e in modo omogeneo da parte di tutti gli operatori coinvolti

– gli operatori sanitari devono verificare che i familiari abbiano recepito le informazioni ricevute e che siano disponibili a ritornare più volte sullo stesso tema;

-i familiari devono avere la possibilità di formulare domande e chiedere gli approfondimenti necessari.

Formare lungo tutto il percorso di cura

Alla luce di quanto sopra delineato, è auspicabile che la formazione del caregiver si strutturi come un processo continuo nelle diverse fasi e nei diversi contesti di cura /riabilitazione in cui il paziente è ospite, seguendo le peculiarità dei bisogni di paziente, famiglia e le risorse disponibili nel contesto medesimo.

Tale processo formativo richiede passaggio di consegne da una fase all’altra, condivisione tra i vari attori coinvolti e monitoraggi periodici, partendo dagli incontri di team, in cui vengono descritti e condivisi bisogni e risorse del paziente e del nucleo familiare.

Questi, in estrema sintesi, gli elementi che, se già caratterizzano in prima battuta la Legge Regionale, nel documento delle associazioni evidenziano le indicazioni e gli orientamenti a cui i Servizi Sociali, Sanitari e Sociosanitari, sono chiamati a dare applicazione, ciascuno all’interno del rispettivo mandato istituzionale, anche attraverso il coinvolgimento attivo del Terzo Settore.

 

 

 

 

 


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