Negli articoli pubblicati nelle scorse settimane in materia di diritto al rimborso per viaggi cancellati in questo periodo di emergenza sanitaria, è stato più volte messo in evidenza che se da un lato i clienti richiedono la restituzione integrale di quanto già corrisposto, dall’altro gli operatori propongono voucher sostitutivi, al fine quanto meno di tentare di limitare e contenere gli inevitabili danni economici a cui stanno andando incontro in questo periodo.
Si aggiunga poi che la direttiva comunitaria n. 314/90/CEE riconosce agli Stati membri la facoltà di adottare disposizioni più severe in materia di viaggi «tutto compreso», ma al fine di tutelare il consumatore e l’articolo 12 della direttiva CE 2015/2302 ha ribadito che l’organizzatore deve garantire al consumatore il rimborso integrale di quanto già pagato.
Sulla questione si sono espressi in questi giorni i commissari alla Giustizia e ai Trasporti dell’Unione Europea, inviando una lettera formale ad un totale di 12 paesi Ue, tra cui l’Italia, in cui viene espressamente richiesto di rivedere la legge e permettere ai viaggiatori di scegliere fra il rimborso integrale o la fruizione di un voucher.
Il governo ha tempo fino al 28 maggio per fornire una risposta soddisfacente alla UE; il rischio effettivo è quello che venga aperta una procedura di infrazione contro il nostro stato e quei paesi che hanno accolto la richiesta di tour operator e compagnie aeree di non rimborsare i passeggeri per i viaggi annullati a causa del Covid-19.
La finalità è quella di proteggere il diritto dei consumatori a godere del rimborso, garantendo un giusto equilibrio tra le necessità delle aziende di avere liquidità e il rispetto dei diritti del consumatore.
Sono stati infine chiariti i requisiti dei cosiddetti «voucher» per i passeggeri, che dovranno essere garantiti contro l’eventuale fallimento della società che offre il servizio, trasferibili a terzi e durare un periodo lungo, 12 mesi, scaduto il quale la persona potrà comunque chiedere il rimborso.