Questo brano è tratto dal diario di Hetty Hillesum, una ragazza ebrea olandese, morta ad Auschwitz nel novembre del 1943. Il suo diario è miracolosamente scampato allo sterminio della sua famiglia.
3 luglio ’43, Westerbork
“Jopie, Klaas, miei cari amici,
dalla mia cuccetta che è la terza in alto, voglio ancora scatenare una vera orgia di lettere, tra pochi giorni verrà messo un limite a tutto il nostro scrivere, io diventerò ufficialmente residente nel campo e potrò spedire solo una lettera ogni due settimane e dovrò consegnarla aperta. E ci sono ancora alcune coserelle di cui voglio parlare con voi.
Ho davvero scritto una lettera così scoraggiata? Quasi non riesco a crederci.
È vero che ci sono dei momenti in cui uno crede di non poter proprio andare avanti. Ma si va poi sempre avanti, anche questo si impara col tempo, però il paesaggio che abbiamo intorno appare improvvisamente mutato, il cielo diventa basso e nero il nostro modo di sentire la vita subisce dei grandi mutamenti e il nostro cuore diventa completamente grigio e millenario. Ma non è sempre così. Un essere umano è una cosa ben singolare.
La miseria che regna qui è davvero indescrivibile nelle grandi baracche si vive come topi in una fogna. Si vedono languire molti bambini. Ma si vedono anche molti bambini sani.
Una notte della settimana scorsa è transitato qui un convoglio di prigionieri. Visi trasparenti e pallidi come la cera. Non ho mai visto tanta stanchezza e sfinimento su un volto. A Westerbork dovevano passare per così dire attraverso la chiusa: registrazione ancora una volta registrazione per perquisizione da parte di allampanati NSB, quarantena, una piccola via crucis di ore. Alla mattina presto sono stati ammassati in vagoni merci vuoti. Il loro treno è stato ancora sigillato con tavole di legno qui in Olanda: altro ritardo. Poi tre giorni di viaggio a est. Materassi di carta per terra per i malati. Per gli altri, vagoni completamente spogli con un barile nel mezzo e circa 70 persone in un vagone chiuso. Ci si può portare solo un tascapane. Mi chiedo quanti di loro arriveranno vivi. E i miei genitori si preparano ad un viaggio ad un viaggio simile …”