… Lotta per le vostre ali, quelle ali che mi hanno tagliato.
Lotta per loro, perché possano essere libere di volare più in alto di me.
Combatti perché possano urlare più forte di me.
Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri.
Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.
[da “Si mañana no vuelvo” di Cristina Torres Cáceres]
a cura di Maria Antonietta Sassani
Il 25 novembre 1960, nella Repubblica Dominicana, tre donne (le sorelle Mirabal) furono torturate e uccise per essersi opposte al regime dittatoriale del loro paese e questa data fu scelta dalle Nazioni Unite quando, nel 1999, istituirono La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, tema che continua ad essere di grande attualità.
Oggi, la violenza di genere è così largamente diffusa e in costante aumento, che non possiamo più considerarla un’emergenza o un fenomeno isolato, rappresentando, ormai, un vero problema strutturale, che pare non potersi arginare.
La situazione è in deciso peggioramento, come dimostrano i risultati delle rilevazioni statistiche, che si commentano da soli.
I dati diffusi dal Ministero dell’Interno, ci dicono che nel periodo dal primo gennaio al 5 novembre di quest’anno, le donne uccise sono state 101 (4% in più rispetto allo stesso periodo del 2022), di cui 53 per mano del partner o ex partner (con un incremento dell’8% rispetto all’anno precedente); le violenze sessuali sulle donne sono state, nel 2022, ben 5274.
Questi numeri sono impressionanti, ma non ci danno la vera misura del problema, poiché, a parte le violenze estreme culminanti nella morte delle vittime o in lesioni gravissime, è impossibile conoscere la reale entità di tutti i reati non denunciati e di quelli neppure percepiti come tali.
Si deve, purtroppo, prendere atto di una regressione sul piano della lotta alla violenza, così come si deve rilevare che l’incremento dei reati contro le donne è direttamente proporzionale al difficoltoso progredire sulla via dell’emancipazione femminile.
Non vi è dubbio che siamo di fronte a problemi di portata sociale che potranno essere risolti solo dopo profondi cambiamenti culturali e che, pur intrecciandosi, presentano una loro peculiarità.
Per conseguire l’obiettivo della parità si devono superare stereotipi, pregiudizi e luoghi comuni radicati in una solida cultura maschilista, mentre per vincere la violenza è necessaria, da parte degli uomini, l’accettazione delle libere scelte delle donne e la rinuncia al potere su di esse, esercitato da secoli in molteplici forme.
Ambedue i processi sono sicuramente lunghi e difficili da percorrere, ma, mentre le donne possono anche rassegnarsi ai tempi lunghi richiesti dal raggiungimento della parità, non ci possiamo permettere di aspettare tempi altrettanto lunghi per debellare la violenza, poiché con la parità si chiede il superamento delle discriminazioni, ma combattere la violenza di genere è una questione di sopravvivenza.
Occorre intervenire con urgenza, soprattutto sotto i profili della prevenzione e della tutela, senza, peraltro, sottovalutare le esigenze repressive.
Fino ad ora le iniziative adottate pare non abbiano dato i risultati sperati.
Dal punto di vista normativo, le leggi non mancano, ma, come spesso accade, sono di difficoltosa applicazione e hanno dimostrato di avere limitate potenzialità a livello preventivo.
Sotto il profilo della tutela, i dati nazionali diffusi dall’ISTAT, ci dicono che , nel 2022, erano attivi 373 Centri antiviolenza e 431 Case rifugio (dove operano, complessivamente, più di 8.600 figure professionali), strutture che, di fronte alle richieste in continuo e forte aumento, sono troppo poche e prive di risorse sufficienti.
Anche il numero telefonico dedicato alle donne in difficoltà (il numero verde è il 1522, attivo 24 ore al giorno), gestito, in tutto il Paese, da un responsabile e da 15 operatrici (che rispondono in 11 lingue), non ha dotazioni finanziarie adeguate.
Sembra, dunque, evidente che occorre fare di più.
Sicuramente non mancano gli esperti capaci di individuare e mettere a punto strumenti di tutela anticipata e di una più efficace prevenzione, magari attraverso una più attenta valutazione dei rischi in cui le donne incorrono e della pericolosità dei soggetti violenti; neppure mancano esperti in grado di garantire una fattiva applicazione delle tante leggi in vigore, magari con particolare riguardo alle misure cautelari e a validi strumenti operativi.
Ma il tutto è subordinato alle risorse che verranno messe a disposizione e, quindi, a precise scelte politiche.
In definitiva, se si vogliono davvero conseguire concreti risultati nella lotta alla violenza di genere, si deve attribuire a questo obiettivo un carattere di priorità che consenta di stanziare finanziamenti adeguati, senza i quali, continueremo ad elaborare progetti e a contare le vittime, ma non risolveremo il problema.
Celebriamo, dunque, anche quest’anno il 25 novembre, con eventi e iniziative di ogni tipo, ma soprattutto con l’auspicio che la violenza contro le donne diventi un triste fenomeno sociale del passato, consegnato definitivamente alla storia.
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